martedì 23 dicembre 2008

Guardare in faccia la realtà


Siamo ormai a Natale e quest'anno , per farvi gli auguri, ho scelto uno scritto di Pietro Scoppola che mi è stato inviato da un amico con una mail di auguri.
Non conoscevo questo autore e tanto meno conoscevo questo brano, mi è però piaciuto subito.
Tutti noi abbiamo qualche sofferenza che ci colpisce personalmente o che colpisce qualcuno vicino a noi; riflettere sulla sofferenza e su cosa può essere "la volontà di Dio".
Buona lettura e... buon Natale a tutti!

La sofferenza può essere via alla beatitudine?
Ma mi dibatto fra dolori per le ossa, insonnia dovuta al cortisone, depressione e una terribile debolezza che rende problematico ogni movimento.
Come è difficile, Signore, sentire il tuo invito alla beatitudine in queste circostanze!
Mi sembra sbagliato pensare e dire che quello che accade è volontà di Dio sicché meriti il nostro detto rassegnato «sia fatta la volontà di Dio!». Per carità: è il detto che Gesù ci ha insegnato nel Padre e dunque prezioso e santo. Ma che cosa è la volontà di Dio? È quello che accade?
È molto difficile pensare che la volontà di Dio sia semplicemente quello che accade: possono essere volontà di Dio i cinquanta milioni di morti della seconda guerra mondiale? E perché il mio tumore – per saltare a un piccolo fatto personale – dovrebbe essere volontà di Dio?
Le domande come si sa sono infinite e senza risposta: nel libro di Giobbe Dio loda Giobbe che ha rifiutato le spiegazioni dei suoi mali proposte dai suoi amici, ma alla fine nega a Giobbe ogni spiegazione: «Dove eri tu...».
Dopo la Shoah ci sono teologi che hanno messo in discussione l’onnipotenza di Dio: «se fosse davvero onnipotente non avrebbe potuto consentire...». Si fa strada l’immagine di un Dio che ha rinunciato alla sua onnipotenza? Ma come è possibile immaginare una rinuncia volontaria all’onnipotenza di fronte a uno scempio di milioni di esseri umani, che si sarebbe potuto impedire con l’esercizio di quell’onnipotenza?
Ci rendiamo semplicemente conto che le categorie della nostra razionalità sono del tutto inutilizzabili e che siamo di fonte alla alternativa radicale: o accettare e valorizzare quel tanto (o poco) che la fede ci offre o arrivare alla negazione radicale.
In quello che la fede ci offre il dato fondamentale è che il Dio incarnato partecipa al dolore del mondo e alla sofferenza dell’uomo: partecipa al dolore umano fino al punto di accettare liberamente la morte in croce.
Dunque non siamo soli e il fatto che Dio partecipi in maniera così intensa al dolore ha un significato e un valore che non sappiamo definire ma che intuiamo grande e profondo.
Si può concepire questa partecipazione come sacrificio offerto a Dio Padre come prezzo, come riscatto dei peccati degli uomini? Non mi sembra.
Quello che è certo è che due cose dell’esperienza umana Dio ha mostrato di condividere fino in fondo: il dolore e l’amore.
Deve esserci un nesso stretto fra il dolore e l’amore. Non solo nel senso che l’amore è disposto a pagare il prezzo del dolore, ma forse in un senso più profondo: che nell’amore vi è sempre sacrificio di sé, lacerazione, un dolore intrinseco all’amore stesso. L’amore è sempre consapevole del suo proprio limite e del limite dell’amato. Questo è – mi sembra – il nesso più profondo e inscindibile fra l’amore e il dolore.
Ma se si accetta l’idea che quello che accade non è necessariamente la volontà di Dio, perché il rapporto di Dio con il male del mondo resta incomprensibile e insondabile all’uomo («Dove eri tu...»), allora ne deriva che la volontà di Dio che dobbiamo cercare e chiedere è qualcosa d’altro; è qualcosa che non possiamo solo subire o accettare ma dobbiamo inventare e costruire giorno per giorno, ora per ora. Perché in definitiva la volontà di Dio è la nostra risposta agli eventi.
Nel modo di rispondere all’evento si fa o non si fa la volontà di Dio e una visione realistica, calma, fiduciosa dell’evento mi sembra la premessa fondamentale, sul piano umano e sul piano spirituale, per una risposta costruttiva.
Vedere la realtà, guardarla in faccia, non fingere, non illudersi; non chiedersi: perché a me? Non attribuire a Dio l’accaduto. Guardare laicamente all’evento è la premessa per una risposta all’evento secondo la volontà di Dio.
(Pietro Scoppola)

martedì 16 dicembre 2008

Concerti di Natale

Continuano i concerti che il coro esegue nel periodo natalizio; dopo quello del 3 dicembre svoltosi in occasione della festa di Santa Barbara e di cui ho parlato in un post precedente, siamo stati ad Arcola, l'8 dicembre, nella chiesa di San Nicolò, in occasione dei festeggiamenti di San Nicolò; dopo questo abbiamo fatto un bel concerto nella chiesa di Biassa il 14 di questo mese.
Sabato prossimo (il 20) saremo nella chiesa di Pugliola (lerici) alle ore 21,00 per concludere poi la serie di concerti natalizi il giorno dopo Natale (il 26 dicembre), sempre alle 21,00, al Vespucci 20, il noto locale sul lungomare di Marina di Massa.
Per chi avesse voglia di venirci ad ascoltare ci sono ancora due possibilità e poi, salvo novità dell'ultimo minuto, ci rivedremo per la prossima stagione di concerti.

lunedì 15 dicembre 2008

PIL

Con il termine PIL intendiamo il Prodotto Interno Lordo, quell'unità di misura che, secondo molti, dovrebbe rappresentare il grado di benessere di un paese.
In realtà non è proprio così e, tuttalpiù, può essere considerato un indicatore dell’attività economica.
In economia è spesso utilizzata questa uguaglianza: PIL= C+I+G+NX laddove C sono i consumi, I gli investimenti, G la spesa pubblica e NX le esportazioni nette ovvero le esportazioni a cui sono state sottratte le importazioni.
Questo significa che il Pil non è altro che il valore complessivo dei beni e dei servizi che vengono prodotti in un paese in un certo periodo di tempo (di solito, un anno), indipendentemente dalla nazionalità dei produttori: ecco perché prodotto interno “lordo”.
I motivi per i quali questo valore complessivo non può essere rappresentativo del benessere di una nazione sono molteplici; chi è interessato all'argomento potrà trovare molto materiale (anche su internet) dove questi motivi sono spiegati molto meglio di come potrei fare io.
In questo periodo di crisi economica globale mi ha fatto molto riflettere un discorso tenuto da Robert Kennedy il 18 marzo 1968 alla Kansas University.
Anche se sono trascorsi 40 anni, quel discorso mi sembra quanto mai attuale.
Eccolo.

"Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni.

Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto interno lordo (PIL).

Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.

Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.

Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani."


(Robert Kennedy - Discorso tenuto il 18 marzo 1968 alla Kansas University)

martedì 2 dicembre 2008

Santa Barbara


Cominciano i concerti natalizi del coro.
Il primo concerto sarà il prossimo 3 dicembre presso la chiesa di Santa Barbara e San Nicola di Flue alla Spezia (loc. Fossamastra).
Il concerto è organizzato in occasione della festa di Santa Barbara che è ricordata il 4 dicembre.
Come da tradizione, per il periodo natalizio, il coro eseguirà sia il repertorio natalizio che quello spiritual e gospel.
Alla pagina Concerti del sito del coro è possibile vedere anche i prossimi appuntamenti.

Interessante, in questa ricorrenza, è conoscere la vita di Santa Barbara, martire del III secolo.
Le informazioni sono tratte dal sito Santi e Beati e l'autore è Gian Domenico Gordini.

Esistono molte redazioni in greco e traduzioni latine della passio di Barbara; si tratta, però, di narrazioni leggendarie, il cui valore storico è molto scarso, anche perché vi si riscontrano non poche divergenze. In alcune passiones, infatti, il suo martirio è posto sotto l’impero di Massimino il Trace (235 – 38) o di Massimiano (286 – 305), in altre, invece, sotto quello di Massimino Daia (308 –13). Né maggiore concordanza esiste sul luogo di origine, poiché si parla di Antiochia, di Nicomedia e, infine, di una località denominata “Heliopolis”, distante 12 miglia da Euchaita, città della Paflagonia. Nelle traduzioni latine, la questione si complica maggiormente, perché per alcune di esse Barbara sarebbe vissuta nella Toscana, e, infatti, nel Martirologio di Adone si legge: “In Tuscia natale sanctae Barbarae virginis et martyris sub Maximiano imperatore”. Ci si trova, quindi, di fronte al caso di una martire il cui culto fino all’antichità fu assai diffuso, tanto in Oriente quanto in Occidente; invece, per quanto riguarda le notizie biografiche, si possiedono scarsissimi elementi: il nome, l’origine orientale, con ogni verisimiglianza l’Egitto, e il martirio. La leggenda, poi, ha arricchito con particolari fantastici, a volte anche irreali, la vita della martire: si tratta di particolari che hanno avuto un influsso sia sul culto come sull’iconografia.
Il padre di Barbara, Dioscuro, fece costruire una torre per rinchiudervi la bellissima figlia richiesta in sposa da moltissimi pretendenti. Ella, però, non aveva intenzione di sposarsi, ma di consacrarsi a Dio. Prima di entrare nella torre, non essendo ancora battezzata e volendo ricevere il sacramento della rigenerazione, si recò in una piscina d’acqua vicino alla torre e vi si immerse tre volte dicendo: “Battezzasi Barbara nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Per ordine del padre, la torre avrebbe dovuto avere due finestre, ma Barbara ne volle tre in onore della S.ma Trinità. Il padre, pagano, venuto a conoscenza della professione cristiana della figlia, decise di ucciderla, ma ella, passando miracolosamente fra le pareti della torre, riuscì a fuggire. Nuovamente catturata, il padre la condusse davanti al magistrato, affinché fosse tormentata e uccisa crudelmente. Il prefetto Marciano cercò di convincere Barbara a recedere dal suo proposito; poi, visti inutili i tentativi, ordinò di tormentarla avvolgendole tutto il corpo in panni rozzi e ruvidi, tanto da farla sanguinare in ogni parte. Durante la notte, continua il racconto seguendo uno schema comune alle leggende agiografiche, Barbara ebbe una visione e fu completamente risanata. Il giorno seguente il prefetto la sottomise a nuove e più crudeli torture: sulle sue carni nuovamente dilaniate fece porre piastre di ferro rovente. Una certa Giuliana, presente al supplizio, avendo manifestato sentimenti cristiani, venne associata al martirio: le fiamme, accese ai loro fianchi per tormentarle, si spensero quasi subito. Barbara, portata ignuda per la città, ritornò miracolosamente vestita e sana, nonostante l’ordine di flagellazione. Finalmente, il prefetto la condannò al taglio della testa; fu il padre stesso che eseguì la sentenza. Subito dopo un fuoco discese dal cielo e bruciò completamente il crudele padre, di cui non rimasero nemmeno le ceneri.
L’imperatore Giustino, nel sec. VI, avrebbe trasferito le reliquie della martire dall’Egitto a Costantinopoli; qualche secolo più tardi i veneziani le trasferirono nella loro città e di qui furono recate nella chiesa di S. Giovanni Evangelista a Torcello (1009). Il culto della martire fu assai diffuso in Italia, probabilmente importato durante il periodo dell’occupazione bizantina nel sec. VI, e si sviluppò poi durante le Crociate. Se ne trovano tracce in Toscana, in Umbria, nella Sabina. A Roma, poi, secondo la testimonianza di Giovanni Diacono (Vita, IV,89), s. Gregorio Magno, quando ancora era monaco, amava recarsi a pregare nell’oratorio di S. Barbara. Il testo, però, ha valore solo per il IX sec.; comunque, è certo che in questo secolo erano stati costruiti oratori in onore di B., dei quali fa testimonianza il Liber Pontificalis (ed. L. Duchesne, II, pp. 50, 116) nelle biografie di Stefano IV (816-17) e Leone IV (847-55).
Barbara è particolarmente invocata contro la morte improvvisa (allusione a quella del padre, secondo la leggenda); in seguito la sua protezione fu estesa a tutte le persone che erano esposte nel loro lavoro al pericolo di morte istantanea, come gli artificieri, gli artiglieri, i carpentieri, i minatori; oggi è venerata anche come protettrice dei vigili del fuoco. Nelle navi da guerra il deposito delle munizioni è denominato “Santa Barbara”.
La festa di Barbara è celebrata il 4 dicembre.

venerdì 28 novembre 2008

Appello per GOMA

Mi è giunto questo appello dai miei amici dell'AIFO, un organismo non governativo (ONG) di cooperazione internazionale in ambito socio-sanitario. E' una ONLUS, riconosciuta idonea a svolgere attività di cooperazione allo sviluppo dal Ministero Affari Esteri Italiano. E' partner ufficiale dell OMS (working relationships) e partecipa all'assemblea annuale dell'OMS.
Visitando il loro sito potete vedere meglio chi sono e di cosa si occupano; io personalmente ho potuto visitare vari progetti che seguono in India e ho potuto apprezzare la serietà e l'impegno con cui lavorano.


Emergenza Umanitaria presso il “Centro di Salute Mentale” a Goma, nella Repubblica Democratica del Congo
Abbiamo bisogno del vostro aiuto!


“Il grande massacro avvenuto a Kiwanja, un grosso centro abitato a 60 km da noi, ha messo la popolazione nel terrore. Moltissimi giovani sono stati trucidati nelle loro case e gli sfollati di guerra aumentano ogni giorno. Stiamo aspettando gli sviluppi della situazione e ormai la speranza della pace si allontana di giorno in giorno", ha scritto Suor Giovanna Gallicani, che collabora col “Centro di Salute Mentale di Goma”, sostenuto dall'AIFO.
Il “Centro di Salute Mentale”, sostenuto dall'AIFO a Goma, sta vivendo un periodo di vera emergenza, dovuto anche a 3.000 sfollati che vi hanno richiesto asilo, ed ha urgente bisogno di ricevere cibo, acqua e medicine per poter assistere i propri pazienti e la popolazione sfollata, aiutandola nel recupero della propria vita comunitaria e familiare. Il numero dei bambini ricoverati con gravi traumi da guerra è in costante aumento e ogni giorno decine di sfollati stremati si rivolgono al Centro in cerca disperato di aiuto.
Saccheggi, massacri, stupri, distruzioni e vessazioni di ogni tipo sui civili inermi hanno fatto precipitare la città nell’orrore. Da settimane un esodo incessante di sfollati continua a giungere ogni giorno in capitale, che registra oramai 2 milioni di persone, accampate in punti d’assistenza improvvisati e sprovvisti di tutto. La mancanza di cibo, acqua, medicine ed i casi di colera attanagliano Goma, che non è in grado di provvedere ai bisogni primari di così tante persone. Le violenze a danno dei civili inermi continuano, soprattutto nei confronti di donne e bambini. Per un primo intervento di urgenza abbiamo bisogno di 64.000,00 Euro.

Dateci un vostro contributo, questi i costi unitari dei beni necessari:
  • 10 kg di farina di mais: 8 €
  • 1 coperta: 15 €
  • 20 kg di fagioli: 32 €
  • Farmaci: 50 €

Per informazioni e per donazioni: www.aifo.it - numero verde 800 55 03 03
Oppure: c.c.postale 7484 intestato a AIFO ● Via Borselli 4-6 ● 40135 Bologna
c.c. Banca Popolare Etica, fil BO, IBAN: IT89 B050 1802 4000 0000 0505050

mercoledì 26 novembre 2008

Concerto di capodanno

Vi piacerebbe organizzare un concerto di capodanno con una vera orchestra?
Adesso è possibile!
L'ARTS ACADEMY CHOIR con il suo direttore Artistico CLAUDIO GNARINI

presenta

l'ORCHESTRA FILARMONICA UCRAINA di Dniepropetrovsk (composta da 60 elementi)
L'orchestra torna in Italia per il periodo natalizio ed anno nuovo 2009.

Per sapere come organizzare il concerto di Capodanno, contatta il direttore artistico Caudio Gnarini (direttore@artsacademychoir.it).

Programma

Famiglia STRAUSS (Johann- Padre E Figlio) Di Strauss

VALZER

Voci di Primavera - Frühlingsstimmen op. 410 Voices of Spring (1883)
L'imperatore - Kaiser-Walzer op. 437 Emperor Waltz (1888)
Sul bel Danubio Blu di Johann Strauss padre
Rose del Sud - Rosen aus dem Süden op. 388 Roses from the South (1880)

POLKE

Tritsch-Tratsch-Polka op. 214 (1858) Chit-chat
Annen op. 117 (1852) Anna
Jager poka (Il cacciatore)
Tuoni lampi e fulmini

OUVERTURE

Die Fledermaus (Il Pipistrello) (1874)
Wiener Blut( Sangue viennese) (1899)

MARCE

Marcia di Radetzky (Radetzkymarsch in tedesco) è una marcia composta da Johann Strauss.
È una delle sue opere più famose e venne composta in onore del generale Radetzky.
Quest'ultimo, nominato comandante dell'esercito austriaco, vinse a Custoza il 25 luglio 1848 contro Carlo Alberto, costringendolo a stipulare l'armistizio di Salasco (9 agosto).

OUVERTURE e SINFONIE DA OPERE

La Forza del Destino
La Traviata
I Vespri Siciliani
Nabucco

GIOACCHINO ROSSINI

La Gazza Ladra
L'Italiana in Algeri
Guglielmo Tell
(Tarantella dalla Boutique Fantasque)

GEORGE BIZET

Carmen

Pétr lll'ic Tchajkovskij

Schiaccianoci (valzer) (adagio)(danza araba)
Il Lago dei Cigni (valzer)
La Bella addormentata nel bosco (valzer)

mercoledì 19 novembre 2008

I tuoi occhi



Una bellissima poesia del mio amico Robert.
Visitate anche il suo blog, ne troverete molte altre e troverete tanti post interessanti.
In futuro pubblicherò altre sue poesie.


Nei tuoi occhi distratti e presenti

Mi perdo nei tuoi oceani

E nei tuoi cieli mi ritrovo.

Vasto il tuo mare e tumultuoso, è altro

Tenere le tue onde e avvolgenti, sei tu.

Amo il tuo mistero e tremo

E con fervore sacrale attendo per amarti.

Ora l’amore è silenzio e attesa

Sarà un giorno canto e intesa?!

Ti incontro nello scontro con me

Tra il me che ti conosce e brama

E il me che ti ignora e trema

All’alba del tuo pensiero e al tramonto

Un raggio unico accarezza i miei sogni:

il solco azzurro dei tuoi occhi…

Robert Cheaib

martedì 11 novembre 2008

Omaggio a Miriam Makeba



Voce dell'Africa, Miriam Makeba muore cantando contro la Camorra - 'Mama Africa' era un simbolo della lotta all'apartheid.

Sia Claudio (il direttore artistico) che io abbiamo avuto l'idea di inserire nel blog un ricordo di Miriam Makeba perciò vi propongo il suo brano più famoso e uno dei tanti articoli scritti su di lei in occasione della sua morte.


Voce leggendaria del continente africano e simbolo della lotta all'apartheid, Miriam Makeba, è morta in Italia a 76 anni, una volta lasciato il palco di Castel Volturno, in provincia di Caserta, dove aveva appena cantato in un concerto a sostegno dello scrittore Roberto Saviano, minacciato dalla camorra.
Conosciuta in tutto il mondo come 'Mama Africa', Miriam Makeba nasce a Johannesburg il 4 marzo 1932 e si impone come cantante nel 1959, durante una tournèe negli Stati Uniti con il gruppo sudafricano 'Manhattan Brothers'. A 27 anni lascia il Sudafrica per necessità di carriera, senza immaginare che sarebbe stata poi bandita per le sue posizioni contro l'apartheid. Nel 1960 cerca di rientrare, per il funerale della madre, ma le autorità le tolgono la nazionalità. A seguito di questo bando, Makeba vive 31 anni in esilio, negli Stati Uniti, in Europa e in Guinea.
Fu la prima donna nera a vincere il Grammy Award per l'album 'An Evening with Belafonte/Makeba', inciso insieme a Harry Belafonte nel 1965. Due anni dopo arriva la fama mondiale con 'Pata Pata', ispirata a una danza in una baraccopoli.
Nel 1968 sposa il leader delle Pantere Nere, Stokely Carmichael. L'evento solleva controversie negli Stati Uniti e Makeba si vede annullare i contratti discografici.
Carmichael e Makeba si trasferiscono in Guinea. Il matrimonio dura però pochi anni: nel 1973 Makeba si separa e riprende a cantare, soprattutto in Africa, Sudamerica ed Europa.
Dopo la morte della figlia Bongi, nel 1985, 'Mama Africa' si trasferisce in Europa, dove rimane fino al 1990, quando la liberazione di Nelson Mandela la convince a rientrare nel suo Paese. Ma passano sei anni prima che esca il suo nuovo disco, 'Homeland', in cui racconta sempre l'apartheid, ma anche la gioia di essere tornata nel suo paese. "Ho mantenuto la mia cultura, ho mantenuto la musica delle mie origini - ha scritto nella sua biografia - grazie a questo sono diventata questa voce e questa immagine dell'Africa e del suo popolo, senza esserne cosciente".
(fonte Apcom)

lunedì 10 novembre 2008

Human


Ho ascoltato questo brano alla radio e mi è piaciuto: ve lo propongo.
Quella che segue è la spiegazione del brano che ho trovato sul sito del gruppo.
Human è il primo singolo estratto dal terzo album di inediti, Day & Age, disponibile, almeno in Italia, soltanto in formato digitale.
Brandon ha descritto così il significato della canzone "Ci stiamo sempre più alienando e non riusciamo più a comportarci da umani con gli altri. Le famiglie si dividono e nessuno rimane più sposato per anni. Al posto di preoccuparci di questo ci importa di più in quale club andremo il prossimo fine settimana. Ecco perchè credo che in passato le cose fossero migliori". Queste considerazioni prendono spunto da una frase di Hunter S. Thompson, autore del libro Paura e digusto a Las Vegas da cui è stato poi tratto il film Paura e delirio a Las Vegas, che commentava come l'America stesse crescendo una generazione di ballerini.

giovedì 30 ottobre 2008

Dategli un fucile


E' un po' di tempo che non pubblico post sul blog e mi dispiace molto anche perché vedo, dal contatore di accessi, che è molto seguito e che ci sono tanti visitatori.
Nel calendario che ho in casa, nella pagina dedicata a questo mese di ottobre, c'è una poesia che mi è molto piaciuta; perciò, anche per rompere il mio "silenzio", voglio proporvela.
Come al solito, ogni vostro commento è il benvenuto.
Non ha titolo, ma potremmo intitolarla "dategli un fucile". L'autore è Marco Botti.
Aggiornamento del 24 aprile 2009: con mia immensa gioia, mi ha contattato l'autore della poesia che si è dimostrato persona squisita (leggendo questa poesia, non ne avevo dubbio!) e così, adesso, posso mettere anche il titolo giusto alla poesia:

ASSURDO

DATEGLI UN FUCILE
a questo camoscio

che corre veloce

tra i larici
con la rabbia nel cuore

e la paura negli zoccoli


DATEGLI UN FUCILE

per vendicare
la sua compagna morente

tra due ceppi

di rododendri sfioriti


DATEGLI UN FUCILE

e mettetevi voi a correre

come dei matti nel bosco

aspettando che un colpo secco

vi trafigga


DATELO A LUI

il fucile:

non lo userà.

lunedì 29 settembre 2008

La voce del "Duende"

Un'altra riflessione di Claudio che pubblico molto volentieri.

Ricordate quando qualche puntata fa, vi raccontai del mio viaggio a Parma insieme al mio amico Paolo Tonelli , per andare ad ascoltare un concerto di musica sinfonica nell’auditorium N. Paganini?
Ebbene, in quell’occasione vi dissi che…… quando la musica ha inizio……e il “Duende” arriva………..non hai più bisogno di altro…….

Ma cos’è il “Duende”?
Proprio una bella domanda! Alla quale non è per nulla semplice trovare risposta!
“Duende” è una parola spagnola, la cui traduzione in italiano corrisponde a folletto, spirito, démone. Ma …….cosa a che fare questo “démone” con la Musica?
La risposta ci viene da un saggio del famosissimo poeta spagnolo Federico Garcìa Lorca.
Nel suo trattato “TEORIA Y JUEGO DEL CANTE JONDO” Garcìa Lorca raffigura il Duende come “lo spirito della terra…. ….il duende bisogna svegliarlo nelle più recondite stanze del sangue”…..
Garcìa Lorca dice: “….i grandi artisti della Spagna meridionale, gitani o flamenchi, sia che cantino, ballino o suonino, sanno che non è possibile nessuna emozione senza l’arrivo del duende. Essi ingannano la gente e possono dare sensazioni di duende senza averlo, come vi ingannano tutti i giorni autori o pittori o stilisti letterari privi di duende; basta, però, prestare un minimo di attenzione, e non lasciarsi guidare dall’indifferenza, per scoprire la trappola e metterli in fuga col loro rozzo artificio. ….”
Capire da dove proviene questa “forza” è veramente un mistero, ma il Duende appare e scompare a suo piacimento, non segue alcuna regola, non si sa da dove proviene, non si sa dove va e soprattutto non si sa dove soffia…….. A volte, lo cerchi, lo vorresti, ma non arriva e a volte…..arriva quando meno te lo aspetti, quando non pensavi arrivasse più….
E’ difficile dare di esso una definizione, ma se dovessimo tentare, potremmo definirlo come lo “Spirito” che anima tutte le forme d’arte, l’ essenza dell’anima che esprime i colori delle emozioni delle danze del popolo gitano, zingaro, nel quale si racchiudono gioia, dolore, morte, amore.
La musica, il canto, la danza, la letteratura, la pittura sono i veicoli tramite i quali il Duende si manifesta a noi.
E’ l’anima e la radice delle danze dei popoli nomadi, del flamenco.
Questa danza tipica andalusa, sensuale, appassionata, prima di essere un ballo è un modo di essere.
Ed è proprio dalla bellissima e intensa descrizione dell’”essere flamenco”, che ci ha reso lo scrittore Tomás Borrás nella sua Elegía del cantaro, che possiamo avvicinarci al “sentire” del Duende.
Ecco le sue parole: “Essere flamenco è avere un'altra carne, un'altra anima, altre passioni, un'altra pelle, altri istinti, desideri: è avere un'altra visione del mondo, con un sentimento grande; il destino nella coscienza, la musica nei nervi, fierezza indipendente, allegria con lacrime; è il dolore, la vita e l'amore che incupiscono; odiare la routine, il metodo che castra; immergersi nel cante, nel vino e nei baci; trasformare la vita in un'arte sottile, capricciosa e libera; senza accettare le catene della mediocrità; giocarsi tutto in una scommessa; assaporarsi, darsi, vivere. Questo."
Ma non sempre, per quanto possiamo invocarlo, il Duende si manifesta a noi. I popoli gitani iniziano le loro danze invocandolo a gran voce, ballano senza sosta per evocare il suo arrivo. Ma se il Duende non si manifesta, smettono di ballare perché le loro danze non possono avere un seguito; quasi a voler significare che quello che cercano non è la Forma, ma l’Essenza delle cose.
Manuel Torres, artista del popolo andaluso, diceva a uno che cantava: “Hai voce, conosci gli stili, ma non ce la farai mai, perché non hai duende”. Pronunciò anche questa splendida frase: “Tutto ciò che ha suoni neri ha duende”. E Garcìa Lorca dice: “Non c’è verità più grande. Questi suoni neri sono il mistero, le radici che affondano nel limo che tutti noi conosciamo, che tutti ignoriamo, ma da dove proviene ciò che è sostanziale nell’arte. Ho sentito dire da un vecchio maestro di chitarra: «Il duende non sta nella gola; il duende sale interiormente dalla pianta dei piedi”. “La vecchia ballerina gitana La Malena esclamò un giorno, ascoltando Brailowski che suonava un frammento di Bach: «Olé! Questo ha duende!», ma rimase annoiata ad ascoltare Gluck e Brahms e Darius Milhaud. Vale a dire, non è questione di facoltà, bensì di autentico stile vivo; ovvero di sangue; cioè, di antichissima cultura, di creazione in atto. Per cercare il duende non v’è mappa né esercizio. Si sa soltanto che brucia il sangue come un topico di vetri……”
Personalmente, quando ascolto e soprattutto vedo il video del finale della II Sinfonia di Brahms diretta da Abbado, non riesco proprio ad annoiarmi, perché traspare pienamente la grande energia che i musicisti trasmettono al pubblico e l’orchestra si trasforma in un grande ciclone di musica. Può tutto ciò, essere frutto solamente del genio dell’uomo? Oppure esiste uno spirito, una forza al di sopra di tutto, che infonde vita e calore ad ogni rappresentazione?
Il Duende è un energia, una fiamma che brucia, è il fuoco sacro della passione che pervade ogni forma d’arte, è continua ricerca di emozioni, continuo divenire e infinito amore verso la forma d’arte. Per trovarlo non esiste studio, né esercizio, né esercitazione, perché il Duende non si controlla e il suo arrivo non può essere calcolato, previsto o deciso.
Il Duende è il suono nero, mistero e dolore della tradizione Africana dei canti degli schiavi, come è il suono o meglio la musica terribilmente infuocata di Nicolò Paganini.
Chi saprebbe spiegarmi il mistero e il genio di questo grande musicista genovese?
Goethe parlando di Paganini fornisce la definizione del Duende: POTERE MISTERIOSO CHE TUTTI SENTONO E CHE NESSUN FILOSOFO SPIEGA.

Il Duende è la forza misteriosa che scaturisce dalla musica, dalla poesia, dalla danza, e quando scaturisce non può essere ripetuta una seconda volta. “Il duende opera sul corpo della ballerina come il vento sulla sabbia”. E’ una forza che nasce, passa e se ne va, senza ripetersi mai. Ma chi è presente, percepisce il suo arrivo e non può rimanere impassibile.
Ecco quindi riassumersi nelle parole di Garcia Lorca il significato del Duende nell’arte: “Quando un artista mostra il duende non ha rivali....quando sopraggiunge presuppone sempre un cambiamento radicale di ogni forma rispetto a vecchi piani, dà sensazioni di freschezza del tutto inedite, con una qualità di rosa appena creata, di miracolo, che produce un entusiasmo quasi religioso...
Il duende è energia, un'energia che capita di suscitare, richiamare – e per richiamarla o suscitarla non c'è mappa né esercizio. E’ il desiderio del desiderio, un'energia che arriva da sotto i piedi come a certe ballerine, o dal fondo della gola come per certi cantanti. Un'energia che accade, e accade talmente da non poter passare inosservata o impercepita, sempre diversa, come i disegni che formano le onde dell'oceano, ma sempre uguale e riconoscibile come tale da tutti. Ma mai è possibile ripeterlo. Il duende non si ripete, come non si ripetono le forme del mare in burrasca. Il duende può comparire in tutte le arti, ma dove lo si trova con maggiore facilità, com’è naturale, è nella musica, nella danza e nella poesia recitata, giacché queste necessitano di un corpo vivo che le interpreti, poiché sono forme che nascono e muoiono di continuo ed elevano i propri contorni su di un preciso presente”.
Garcìa Lorca definisce il Duende in diversi modi, colori, espressioni poetiche, ma forse, nulla ce lo può raffigurare meglio dell’episodio che racconta:
“Una volta, la cantora andalusa Pastora Pavón (chiamata La Niña de los Peines), cupo genio ispanico, cantava in una tavernetta di Cadice. Giocava con la sua voce d’ombra, con la sua voce di stagno fuso, con la sua voce coperta di muschio, e se la intrecciava nella chioma o la bagnava nella manzanilla o la perdeva in intrichi oscuri e lontanissimi. Ma niente, era inutile, gli ascoltatori stavano zitti.
Pastora Pavón finì di cantare nel silenzio.
Solo, e con sarcasmo, un uomo piccolino, di quegli ometti ballerini che escono d’improvviso dalle bottigliette di acquavite, disse a bassa voce: “Viva Parigi!” come a dire: “Qui non ci interessano le capacità, né la tecnica, né la maestria. Ci interessa un’altra cosa!”. Allora la Niña de los Peines si alzò come una folle, conciata come una préfica medievale, trangugiò d’un fiato un gran bicchiere di acquavite come fuoco, e si sedette a cantare senza voce, senza fiato, senza sfumature, con la gola riarsa ma…con il démone. Era riuscita a uccidere tutta l’impalcatura della canzone per cedere il passo a un duende furioso e rovente, amico dei venti carichi di sabbia, che induceva gli ascoltatori a stracciarsi le vesti. La Niña de los Peines dovette squarciarsi la voce perché sapeva che gli ascoltatori erano dei raffinati che non chiedevano forme, bensì midollo di forme, musica pura con il corpo leggero per potersi liberare. Dovette privarsi di facoltà e sicurezze; ossia, allontanare la sua musa e abbandonarsi, perché il suo duende venisse e si degnasse di lottare a viva forza. E come cantò! La sua voce non giocava più, la sua voce era un fiotto di sangue degno del suo dolore e della sua sincerità…”.

”In tutta la musica araba, danza, canzone o elegia, l’arrivo del duende è salutato con energici “Alà, Alà!”, “Dio, Dio!”, così vicini all’ “Olé!” della corrida che forse si tratta della stessa cosa; ed in tutti i canti del sud della Spagna l’apparizione del duende è seguita da sincere grida di “Viva Dio!”; profondo, umano, tenero grido di una comunicazione con la divinità per mezzo dei cinque sensi, grazie al duende che agita la voce ed il corpo della ballerina, evasione poetica e reale da questo mondo. Naturalmente, quando si raggiunge questa evasione, tutti ne godono i benefici: l’iniziato, che vede come lo stile vince una materia povera, e chi non sa, nell’inesprimibile di una autentica emozione”.

Allora impariamo dai ballerini gitani: quando cantiamo, suoniamo o balliamo, facciamolo sempre con l’intento di evocare il Duende.
Il garbo, la grazia, la passione, la personalità e il sentimento sono qualità fondamentali e imprescindibili durante un’esecuzione. Perché quello che conta non è ciò che vediamo ma ciò che sentiamo. E soprattutto, non è ciò che mostriamo a chi ci ascolta, ma è ciò che il pubblico riesce a sentire, a percepire e a godere attraverso noi stessi.

il compleanno del coro

Si avvicina il secondo anniversario della fondazione del coro, quale modo migliore di festeggiare questa ricorrenza che con una giornata insieme?
Ci troveremo tutti domenica 5 ottobre alla Cascina San Venerio - loc. Le Bosche - Mangia - Sesta Godano (SP) per mangiare insieme (anche insieme a tutti gli amici che vorranno unirsi a noi) e poi, nel pomeriggio, alle 15,30, faremo un concerto per tutti i presenti.
Una giornata sicuramente da non perdere (ci hanno già promesso le pizze fatte nel forno a legna e altre prelibatezze!) che sarà un'occasione per stare insieme all'insegna della musica Gospel e del divertimento.
Con il concerto del nostro secondo anniversario sarà la trentesima volta che ci esibiamo in pubblico; un bel traguardo raggiunto in poco tempo.
La voglia di andare avanti, di divertirci e di fare ancora di più e meglio è sempre tanta e ci auguriamo che ci consenta di crescere ancora di più e di raggiungere traguardi sempre nuovi.
Vi aspettiamo tutti: a trascorrere questa giornata con noi, ai nostri concerti e... magari anche a voler condividere con noi questa bella esperienza ed entrare a far parte del coro!

martedì 16 settembre 2008

Le cose che ho imparato nella vita

Apprezzo molto Paulo Coelho ed ho letto molti suoi libri nei quali ho trovato numerosi spunti di riflessione.
Un brano particolarmente intenso è quello che da il titolo a questo post.
Siccome in questi giorni mi è stato portato all'attenzione da un'amica, ve lo propongo volentieri.

Le cose che ho imparato nella vita
di Paulo Coelho

Ecco alcune delle cose che ho imparato nella vita:

-Che non importa quanto sia buona una persona, ogni tanto ti ferirà.
E per questo, bisognerà che tu la perdoni.
-Che ci vogliono anni per costruire la fiducia e solo pochi secondi per distruggerla.
-Che non dobbiamo cambiare amici, se comprendiamo che gli amici cambiano.
-Che le circostanze e l'ambiente hanno influenza su di noi, ma noi siamo responsabili di noi stessi.
-Che, o sarai tu a controllare i tuoi atti, o essi controlleranno te.
-Ho imparato che gli eroi sono persone che hanno fatto ciò che era necessario fare, affrontandone le conseguenze.
-Che la pazienza richiede molta pratica.
-Che ci sono persone che ci amano, ma che semplicemente non sanno come dimostrarlo.
-Che a volte, la persona che tu pensi ti sferrerà il colpo mortale quando cadrai, è invece una di quelle poche che ti aiuteranno a rialzarti.
-Che solo perché qualcuno non ti ama come tu vorresti, non significa che non ti ami con tutto se stesso.
-Che non si deve mai dire a un bambino che i sogni sono sciocchezze: sarebbe una tragedia se lo credesse.
-Che non sempre è sufficiente essere perdonato da qualcuno. Nella maggior parte dei casi sei tu a dover perdonare te stesso.
-Che non importa in quanti pezzi il tuo cuore si è spezzato; il mondo non si ferma, aspettando che tu lo ripari.
-Forse Dio vuole che incontriamo un po' di gente sbagliata prima di incontrare quella giusta, così quando finalmente la incontriamo, sapremo come essere riconoscenti per quel regalo.
-Quando la porta della felicità si chiude, un'altra si apre, ma tante volte guardiamo così a lungo a quella chiusa, che non vediamo quella che è stata aperta per noi.
-La miglior specie d'amico è quel tipo con cui puoi stare seduto in un portico o camminarci insieme, senza dire una parola, e quando vai via senti che è come se fosse stata la miglior conversazione mai avuta.
-È vero che non conosciamo ciò che abbiamo prima di perderlo, ma è anche vero che non sappiamo ciò che ci è mancato prima che arrivi.
-Ci vuole solo un minuto per offendere qualcuno, un'ora per piacergli, e un giorno per amarlo, ma ci vuole una vita per dimenticarlo.
-Non cercare le apparenze, possono ingannare.
-Non cercare la salute, anche quella può affievolirsi.
-Cerca qualcuno che ti faccia sorridere perché ci vuole solo un sorriso per far sembrare brillante una giornataccia.
-Trova quello che fa sorridere il tuo cuore.
-Ci sono momenti nella vita in cui qualcuno ti manca così tanto che vorresti proprio tirarlo fuori dai tuoi sogni per abbracciarlo davvero!
-Sogna ciò che ti va; vai dove vuoi; sii ciò che vuoi essere, perché hai solo una vita e una possibilità di fare le cose che vuoi fare.
-Puoi avere abbastanza felicità da renderti dolce, difficoltà a sufficienza da renderti forte, dolore abbastanza da renderti umano, speranza sufficiente a renderti felice.
-Mettiti sempre nei panni degli altri. Se ti senti stretto, probabilmente anche loro si sentono così.
-Le più felici delle persone, non necessariamente hanno il meglio di ogni cosa; soltanto traggono il meglio da ogni cosa che capita sul loro cammino.
-L'amore comincia con un sorriso, cresce con un bacio e finisce con un the.
-Il miglior futuro è basato sul passato dimenticato, non puoi andare bene nella vita prima di lasciare andare i tuoi fallimenti passati e i tuoi dolori.
-Quando sei nato, stavi piangendo e tutti intorno a te sorridevano.

Vivi la tua vita in modo che quando morirai, tu sia l'unico che sorride e ognuno intorno a te piange.

venerdì 5 settembre 2008

Arcola e i suoi vini


Con il concerto che abbiamo fatto ieri nella splendida cornice della villa del Conte Picedi Benettini si chiude la stagione dei concerti estivi e comincia la preparazione per la stagione di concerti invernale.
Come da tradizione, i concerti che faremo nel periodo natalizio comprenderanno, oltre che brani Gospel e Spiritual, anche brani tradizionali natalizi.
Quale occasione migliore per entrare a far parte del nostro coro? Perciò, se vi piace la musica Gospel e avete passione per il canto, venite con noi. Contattate il nostro maestro per un'audizione e condividete con noi questo percorso artistico.

Il concerto di ieri si è svolto nell'ambito della prestigiosa rassegna "Arcola e i suoi vini" che si svolge, appunto, nel parco della villa del Conte Picedi Benettini. Molti gli stand presenti e numerosissima la partecipazione del pubblico sia alla rassegna che al concerto; un pubblico caloroso che si è lasciato trascinare dalle note del Gospel.
In poche parole, anche ieri sera è stata un'esperienza emozionante.

giovedì 31 luglio 2008

Borgo della Verrucola


Lo splendido Borgo della Verrucola, a pochi passi dalla città nobile di Fivizzano, ospita da Venerdì 1 a Domenica 3 Agosto 2008 una bellissima iniziativa dal titolo Arti e Mestieri.
Oltre 50 espositori rievocheranno gli antichi e tradizionali mestieri della Lunigiana che tra le botteghe del borgo si alterneranno ai profumi dei prodotti tipici locali.

L´iniziativa organizzata dall´Ass. Borgo della Verrucola e dall´Ass. Turistica Pro Loco “Jacopo da Fivizzano” si svolge dalle 18 alle 24 del Venerdì e dalle 16 alle 24 nei giorni di Sabato e Domenica.
Dal Capoluogo di Fivizzano, sarà possibile raggiungere la Verrucola anche tramite Carrozza trainata da cavalli immergendosi quindi nel pieno dell´atmosfera romantica e fiabesca di uno degli angoli della Lunigiana tra i piu belli.

Nell'ambito di questa interessante manifestazione, il nostro coro terrà un concerto domenica sera alle ore 21,00 con il quale cercherà di coinvolgere con le note del Gospel tutti i visitatori.

venerdì 11 luglio 2008

Lauenburgische Landeszeitung


Un altro articolo pubblicato da un giornale tedesco sui concerti che abbiamo fatto insieme al coro Sing Sang Song ed alla sua visita in Italia.
Per visualizzare meglio gli articoli è possibile visitare la rassegna stampa nel sito ufficiale del coro.

Schwarzenbeker Anzeiger


Un articolo pubblicato sul giornale tedesco Schwarzenbeker Anzeiger del primo luglio scorso.
L'articolo parla del viaggio in Italia del coro Sing Sang Song e dei concerti fatti con il nostro coro.
Nella fotografia a corredo dell'articolo ci sono i componenti di entrambi i cori.

lunedì 9 giugno 2008

Santa Lucia


Alcune fortunate coincidenze hanno fatto si che potessimo incontrare il coro Sing Sang Song; come ho già detto nel post precedente, con questo coro abbiamo avuto la fortuna e il piacere di fare due concerti insieme.
Abbiamo così potuto apprezzare la loro preparazione musicale ma anche e soprattutto la loro carica di energia e di simpatia.
Sono stati due concerti con i quali abbiamo potuto condividere la comune passione per la musica ed il canto.
La condivisione della musica è stata anche l'occasione per creare un legame con questo coro che, mi auguro, potrà proseguire anche in futuro con altri scambi culturali.
Il titolo di questo post, che può sembrare inadeguato, si riferisce al famoso brano "Santa Lucia" cantato dal coro Sing Sang Song durante il concerto di sabato scorso a Lerici e diretto dalla "vulcanica" Regine: la direttrice del coro.
Fra tutte le foto che ho fatto all'evento (e che presto verranno pubblicate sul sito del coro) ho scelto proprio questa che mi sembra rappresentare bene la passione per la musica del coro e della sua direttrice.

In attesa del prossimo concerto insieme... aufwiedersehen!

giovedì 5 giugno 2008

Il coro Sing Sang Song in tournée in Italia

Il nostro coro approfondisce le proprie conoscenze artistiche, amicizie ed esperienze musicali gemellandosi con il Coro Tedesco SING SANG SONG diretto da Regine Olk e proveniente dalla Città di Schwarzenbek - Amburgo.
Il Coro è composto da 27 voci femminili ed eseguirà un repertorio non solo Spiritual e Gospel ma anche classico, pop e un repertorio di famosi brani italiani.
Il coro tedesco, per la prima volta in tournée in Italia, sarà presente nella nostra provincia questo fine settimana ed eseguirà due concerti insieme a noi.
Il primo concerto si terrà Sabato 7 Giugno alle ore 18,00 a Lerici presso L’Arena del Teatro Astoria.
Il secondo, sarà invece domenica, alle ore 21.00, presso la chiesa Evangelica Battista di Sarzana.
Vi aspettiamo numerosi!

giovedì 22 maggio 2008

Se fossi un dottore...

Se fossi un dottore mi riempirei la bocca di panna.
Il mondo dell'ospedale visto cantato e interpretato dai bambini.
Evento speciale giovedì 5 giugno 2008, al teatro Don Bosco della Spezia.
Una giornata tutta dedicata al rapporto dei bambini con l'ospedale.
Sarà un'occasione di riflessione ma soprattutto un momento di gioia.
Si comincia dal mattino, alle 10,30, con uno spettacolo dedicato alle scuole,
In serata invece concerto Gospel del nostro coro con la partecipazione straordinaria del coro dei bambini della scuola materna Pia Casa di Misericordia.
Parteciperanno anche gli alunni della classe IV e V della scuola primaria Pia Casa di Misericordia diretti dal dott. Pelosone della Fondazione Theodora
.
La giornata è infatti organizzata in favore della Fondazione Theodora che opera nei vari ospedali italiani.
L'obiettivo è quello di far conoscere l'operato di questa fondazione e raccogliere fondi per consentirgli di svolgere sempre meglio la sua attività.
Infatti, tutto il ricavato della serata sarà devoluto alla Fondazione Theodora.
Come coro abbiamo già avuto modo di collaborare con questa fondazione; lo scorso anno abbiamo fatto un concerto, sempre al teatro Don Bosco, che ha visto la partecipazione di un pubblico numeroso ed entusiasta.
Abbiamo poi avuto l'opportunità di fare un concerto nell'auditorium dell'Ospedale Gaslini, a Genova, per i piccoli ospiti della struttura: è stata un'esperienza molto toccante ed emozionante.

Quella di giovedì cinque sarà dunque una giornata di festa e di allegria... con le irresistibili scorribande dei clown dottori!

.

venerdì 18 aprile 2008

I tre alberi

Un racconto pasquale che mi è arrivato (un po' in ritardo) con una mail da una mia amica.
Mi è piaciuto molto e voglio riproporvelo, anche perché il messaggio di questo racconto vale in ogni momento.
Spero che piaccia anche a voi.
L'autore è ignoto.


C’erano una volta, su una montagna, tre alberi che sognavano e speravano.

Il primo disse: «Io vorrei essere un baule pieno di tesori, oro e pietre preziose. Così tutto il mondo potrebbe vedere la mia bellezza».

Il secondo albero esclamò: «Un giorno io sarò un battello solido e potente, trasporterò re e regine per tutti i mari del mondo. Tutti si sentiranno al sicuro a bordo».

Il terzo albero disse: «Io voglio diventare l’albero più grande e più forte della foresta. La gente vedrò la mia cima dalla collina, e penseranno al cielo e a Dio; sarò l’albero più alto di tutti i tempi e nessuno si scorderà di me».

I tre alberi sognarono per diversi anni sperando che i loro sogni si avverassero. Un bel giorno arrivarono tre boscaioli.

Uno di loro s’avvicinò al primo albero e disse: «Questo albero mi sembra solido, lo potrei vendere al falegname».

Il boscaiolo tagliò l’albero, e l’albero si sentì felice di essere stato tagliato pensando che il falegname l’avrebbe trasformato in un baule.

Il secondo boscaiolo vedendo il secondo albero disse: «Questo albero sembra forte e solido, venderò il legno ai costruttori di battelli».

Il secondo era felice all’idea che tra breve avrebbe cominciato la sua carriera sugli oceani.

Quando i boscaioli s’avvicinarono al terzo albero, quest’ultimo si spaventò, sapeva che se lo tagliavano, tutti i suoi sogni di grandezza sarebbero svaniti.

Uno dei boscaioli disse: «non ho bisogno di un albero speciale, questo andrà bene». E il terzo albero fu tagliato.

Quando il primo albero arrivò dal falegname, fu trasformato in una semplice mangiatoia per animali. La mangiatoia fu messa in una stalla e riempita di fieno. Non era proprio la risposta al suo desiderio...

Il secondo albero che sognava di trasportare re e regine per gli oceani, fu trasformato in una barca da pesca. I suoi sogni svanirono.

Il terzo albero fu tagliato in pezzi di legno e abbandonato in un angolo.

Gli anni passarono e i tre alberi dimenticarono i loro sogni.

Un bel giorno, un uomo e una donna arrivarono alla stalla. La donna fece nascere suo figlio nella stalla e mise il bambino nella mangiatoia che era stata fabbricata con il legno del primo albero. L’uomo avrebbe voluto offrire una culla al bambino, ma la mangiatoia andava bene. L’albero comprese allora l’importanza dell’evento che stava vivendo e capì che conteneva il tesoro più prezioso di tutti i tempi.

Anni più tardi un gruppo di uomini salì sulla barca di pescatori fabbricata con il legno del secondo albero; uno degli uomini, stanco, si addormentò. Una tempesta si alzò e l’albero pensò di non essere abbastanza forte per portare il suo equipaggio in mezzo alla tempesta. Gli uomini allora svegliarono quello che si era addormentato.

Questi si alzò e disse: «Pace» e la tempesta cessò. In quel momento l’albero capì di aver trasportato il Re dei Re.

Infine, qualcuno andò a prendere i pezzi del terzo albero dimenticato in un angolo, il legno fu trasportato per le strade, mentre l’uomo che lo portava veniva insultato dalla folla. L’uomo fu inchiodato ai pezzi di legno, elevato a croce, e morì in cima ad una collina. Quando arrivò la domenica, l’albero realizzò di essere stato così forte da tenersi in cima alla collina e essere vicino a Dio. Gesù era stato crocifisso sul suo legno...

Ciascuno dei tre alberi ebbe quello che aveva sognato, in modo diverso da quello che avevano immaginato.

Non sappiamo mai quali sono i disegni di Dio per noi..

martedì 15 aprile 2008

Il mio tempo verrà


Una riflessione di Claudio su un concerto a cui ha partecipato....

“Meine Zeit wird kommen." “Il mio tempo verrà."
(Gustav Mahler)

Caro Mahler il tuo tempo è arrivato davvero.
Non si può non scrivere, non si può non ricordare il flusso di emozioni e sensazioni musicali forti, vissute durante lo scorrere della la tua vita terrena, non si può non condividerle con chi non ti era vicino e non ha avuto l’occasione di provarle.
Lo scorso venerdì - 4 aprile, ho assistito a un miracolo musicale e artistico indescrivibile.
Ho accettato con grande piacere l’invito del mio caro amico Paolo Tonelli, compositore e musicista dal gusto raffinato e signorile, per andare ad ascoltare un concerto a Parma nell’auditorium N. Paganini.
Edificato su ciò che restava della vecchia struttura muraria dello Zuccherificio Eridania, il nuovo Auditorium cittadino, opera dell'arch. Renzo Piano, si mostra come mirabile opera di congiunzione tra passato e futuro, tra due epoche ormai davvero distanti.
Si esibiva l’ORCHESTRE PHILHARMONIQUE DU LUXEMBOURG diretta da EMMANUEL KRIVINE, il pianista solista: RUDOLF BUCHBINDER e il Soprano: SALLY MATTHEWS.
Al momento di entrare in teatro, guardo il biglietto che Paolo mi aveva assegnato e scopro con grande stupore di essere seduto in prima fila, a lato destro del direttore d’orchestra.
I musicisti impeccabili (in maggioranza giovani) entrano, prendono posto, entra il direttore e la musica ha inizio.
Il primo tempo comprendeva un programma interamente dedicato a Beethoven con l’Ouverture EGMOND e il concerto N.3 op 37 per piano e orchestra.
Già dalle prime note ho provato una forte emozione nel sentire quanta energia e suono intenso e caldo l’orchestra riusciva a trasmettere.
Anche se il tempo era leggermente lento rispetto alle innumerevoli volte che l’ho ascoltata e studiata, la drammaticità scritta per l’omonima tragedia di Goethe e la musica in fa minore scritta da Beethoven, cupa e intrisa di un senso di fatalità, con la breve introduzione rivela un mondo pieno di conflitti eroici impregnati da una grande energica volontà combattiva e rende visibile la lucentezza e il suono insuperabile di questa meravigliosa orchestra.
Non mi sono perso un solo attimo dei gesti e degli sguardi che il direttore comunicava ai musicisti e il tempo si è fermato.
Nooo! Il tempo della musica continuava perfettamente ma il tempo, quello reale della nostra vita anzi della mia, si era fermato, perché in quel preciso momento qualsiasi altro pensiero non riusciva a entrare nella mia mente. Non riusciva a trovare un posticino per intrufolarsi.
La Musica aveva assorbito tutto me stesso da ogni parte e riuscivo solo a notare i fogli delle partiture, che tutti scarabocchiati di rosso, giravano per volontà del direttore. E io ascoltavo pietrificato.
A Paolo, più tardi confidai che in questi momenti quando la musica inizia e ti senti coinvolto ed emozionato, il duende (poi di questo parleremo un’altra volta) è arrivato, senti una vibrazione per tutto il tuo corpo e la tua mente rifiuta ogni tipo di provocazione terrena: fame, sete, andare in bagno, lavoro, malesseri vari…. Tutto scompare per incanto.
Il Concerto per pianoforte N.3 mi ha riportato molto indietro nel tempo, al ricordo di una registrazione storica di Sviatolsav Richter, pianista russo, un mito, una leggenda del pianismo del ‘900, che ho scoperto quando avevo 17 anni e ho ascoltato su un vecchio stereo in un vinile.
Rudolf Buchbinder ha suonato impeccabilmente, senza la minima sbavatura e con fare spiritoso. Assomigliava molto ad un altro grande pianista: Fredrich Gulda, sia nel muovere i piedi che nel sostenere e essere un tutt’uno con l’orchestra.
Gli attacchi erano impeccabili, la loro precisione impauriva.
Il direttore era concentratissimo e non ha perso di vista nessun orchestrale, lanciando occhiate precise e sorrisi per incoraggiare i musicisti.
Devo ammettere che l’influenza di Mozart è ancora molto visibile nella partitura di Beethoven e chissà quante grandi difficoltà e conflitti interni patì, per arrivare ad evolvere la sua musica fino a giungere ad un perfezionismo e stile ineguagliabili, come poi ha trovato nel 4° e 5° concerto per piano e orchestra.
E poi, dopo l’intervallo in cui sono riuscito solo ad alzarmi dalla poltrona e a risedermi subito come se qualcuno potesse rubarmela……è arrivato lui
GUSTAV MAHLER, compositore sublime che adoro immensamente.
Mahler è considerato dalla critica un post romantico, come colui che insieme a pochi altri, aprì le porte alla musica moderna, ma la musica di Mahler si colloca tra il classico e il moderno, risultando abbastanza personale da non poter essere etichettata e racchiusa in uno di questi due stili!
La quarta sinfonia è quasi un omaggio ai grandi maestri del passato, che lo hanno preceduto e influenzato.
Infatti, nel primo movimento si notano l’influenza di parecchi compositori, come per esempio W. A. Mozart e Schubert; anche l'orchestra che viene usata è dotata di un organico limitato e strumenti più "tradizionali", mentre le orchestre usate da Mahler erano famose per la loro grandezza e per gli innumerevoli strumenti impiegati.
Nei toni di questa sinfonia riecheggiano situazioni e sentimenti idilliaci e pastorali, come la sesta di Beethoven. E sembra che Mahler con questa sinfonia abbia voluto creare un'oasi di calma e tranquillità, a confronto invece dei momenti travagliati, della sofferenza e della poca serenità che troveremo nella sinfonia successiva, la Quinta, che tematicamente è legata a questa Quarta.
In questa sinfonia siamo in presenza di paesaggi idilliaci, si pensa alla vita, alla natura e anche alla passione, anche se da lontano cominciamo a intravedere quelle nubi e a ad udire gli echi di quel disagio interiore che si manifesta poi nella prossima sinfonia!
Già dal primo movimento, nella parte centrale si ha netta la concezione della musica moderna di Mahler e dell’uso che viene fatto della strumentazione.
Nel secondo movimento colpisce terribilmente l’evocazione che viene eseguita dal primo violino, quasi una danza sensuale.
Ma il terzo movimento “Poco Adagio” è a mio avviso una delle pagine più emozionanti della musica di G. Mahler. Consiglio vivamente di ascoltare anche l’adagio della Quinta perché per comprendere questa sublime pagina sinfonica della Quarta, si deve ascoltare anche l’adagio della Quinta che ne rappresenta la continuazione.
Triste Passione tormentata da ricordi bui e malinconici, echeggia nelle note sentite in un movimento che inizia con molta calma, per esprimere il suo disagio e la sua crisi esistenziale, il suo stato d’animo confuso e poi ritrovare pace e serenità.
All’inizio del Quarto movimento, oltre aver ripreso il tema del primo movimento, come per incanto è apparsa sul palco una ragazza dai capelli corti bionda, giovanissima, SALLY MATTHEWS, che ha cantato con la voce da soprano a volte molto leggera e bianca a volte calda rotonda e potente il lied tratto dal ciclo "Das Knaben Wunderhorn", in cui si descrivono le gioie del paradiso fino ad arrivare a spegnere piano piano la musica.
Quando la musica finisce esiste un piccolo momento di silenzio tra il finale pianissimo della sinfonia e l’inizio degli applausi… è in quel momento che ti accorgi di essere ritornato alla realtà e fino ad allora, hai coscienza di essere stato per due ore e mezza compagno di sogni di Beethoven e Mahler.
Gli applausi ti riportano al mondo reale, dove la musica finisce e rimane solo il riconoscimento e la gratitudine verso l’arte di questi due grandi autori e verso quel centinaio di musicisti che ci hanno fatto sognare ed emozionare con il loro talento.


Battuta finale: se fossi un politico varerei una legge con multe severissime che vieti di parlare durante i concerti, alzarsi subito e uscire appena la musica finisce.
Mi riferisco alle due signorine ma di età avanzata sedute accanto a me.
Come si sentirebbe un ospite invitato a cena in casa di amici e appena terminato di assaporare la frutta venisse messo gentilmente alla porta.?
Quello che da vita e coraggio ad un musicista è sapere che il pubblico gli è vicino, sentirsi incoraggiato e sostenuto per il lavoro svolto, lo studio e la fatica nell’interpretare l’opera musicale.
Credetemi…….5 minuti di applausi sono stati veramente pochi, per il risultato e le emozioni ricevute.

giovedì 3 aprile 2008

I have a dream


« [...] Let us not wallow in the valley of despair, I say to you today, my friends, so even though we face the difficulties of today and tomorrow, I still have a dream. It is a dream deeply rooted in the American dream.

I have a dream that one day this nation will rise up and live out the true meaning of its creed: "We hold these truths to be self-evident, that all men are created equa".

I have a dream that one day on the red hills of Georgia, the sons of former slaves and the sons of former slave owners will be able to sit down together at the table of brotherhood.

I have a dream that one day even the state of Mississippi, a state sweltering with the heat of injustice, sweltering with the heat of oppression, will be transformed into an oasis of freedom and justice.

I have a dream that my four little children will one day live in a nation where they will not be judged by the color of their skin but by the content of their character.

I have a dream today!

I have a dream that one day, down in Alabama, with its vicious racists, with its governor having his lips dripping with the words of "interposition" and "nullification" - one day right there in Alabama little black boys and black girls will be able to join hands with little white boys and white girls as sisters and brothers.

I have a dream today!

I have a dream that one day every valley shall be exalted, and every hill and mountain shall be made low, the rough places will be made plain, and the crooked places will be made straight; "and the glory of the Lord shall be revealed and all flesh shall see it together". [...] »

Martin Luther King


Domani ricorre l'anniversario della morte di Martin Luther King (Atlanta, 15 gennaio 1929 – Memphis, 4 aprile 1968).
Non è necessario riportare qui la sua biografia, tutti conoscono (o dovrebbero conoscere) la sua vita, quello che ha fatto per il suo popolo, le sue idee.
Sono passati 40 anni e il suo messaggio è più che mai attuale.
Per ricordarlo ho scelto uno dei suoi più famosi discorsi.

I have a dream (ho un sogno)

« [...] Oggi vi dico, amici, non indugiamo nella valle della disperazione, anche di fronte alle difficoltà dell'oggi e di domani, ho ancora un sogno. È un sogno fortemente radicato nel sogno americano.

Ho un sogno, che un giorno questa nazione si sollevi e viva pienamente il vero significato del suo credo: "Riteniamo queste verità di per se stesse evidenti: che tutti gli uomini sono stati creati uguali".

Ho un sogno, che un giorno, sulle rosse colline della Georgia, i figli degli antichi schiavi e i figli degli antichi proprietari di schiavi riusciranno a sedersi insieme al tavolo della fratellanza.

Ho un sogno, che un giorno persino lo stato del Mississippi, uno stato che soffoca per l’afa dell’ingiustizia, che soffoca per l’afa dell’oppressione, sia trasformato in un’oasi di libertà e di giustizia.

Ho un sogno, che i miei quattro bambini un giorno vivranno in una nazione in cui non siano giudicati in base al colore della loro pelle, ma in base al contenuto del loro carattere.

Ho un sogno oggi!

Ho un sogno, che un giorno, giù in Alabama, con i suoi razzisti immorali, con il suo governatore le cui labbra gocciolano delle parole "interposizione" e "nullificazione" - un giorno proprio là in Alabama bambini neri e bambine nere possano prendersi per mano con bambini bianchi e bambine bianche come sorelle e fratelli.

Ho un sogno oggi!

Ho un sogno, che un giorno ogni valle sia colmata, e ogni monte e colle siano abbassati, i luoghi tortuosi vengano resi piani e i luoghi curvi raddrizzati. "Allora la gloria del Signore sarà rivelata ed ogni carne la vedrà" [...] »

mercoledì 2 aprile 2008

Giovanni Paolo II


Oggi ricorre il terzo anniversario dalla morte di papa Giovanni Paolo II.
Voglio ricordarlo con le sue parole, un inno alla vita da lui scritto.

La vita è dono meraviglioso di Dio e nessuno ne è padrone, l'aborto e l'eutanasia sono tremendi crimini contro la dignità dell'uomo, la droga è rinuncia irresponsabile alla bellezza della vita, la pornografia è impoverimento e inaridimento del cuore. La malattia e la sofferenza non sono castighi ma occasioni per entrare nel cuore del mistero dell'uomo; nel malato, nell'handicappato, nel bambino e nell'anziano, nell'adolescente e nel giovane, nell'adulto e in ogni persona, brilla l'immagine di Dio. La vita è un dono delicato, degno di rispetto assoluto: Dio non guarda all'apparenza ma al cuore; la vita segnata dalla Croce e dalla sofferenza merita ancora più attenzione, cura e tenerezza. Ecco la vera giovinezza: è fuoco che separa le scorie del male dalla bellezza e dalla dignità delle cose e delle persone; è fuoco che riscalda di entusiasmo l'aridità del mondo; è fuoco d'amore che infonde fiducia ed invita alla gioia.

martedì 1 aprile 2008

L'amante perfetto

Finalmente è venuto il sole, le giornate si sono allungate e tutto appare in una luce diversa.
Forse la scelta della primavera per celebrare la Pasqua e il periodo pasquale non è stato scelto a caso, forse il Maestro ha scelto questo periodo per risorgere e per manifestare lo Spirito proprio perché anche la natura vive la sua rinascita. Dopo il riposo invernale, tutto torna a rivivere, fiorisce.
Speriamo che, anche quest'anno rifiorisca in noi il Suo Amore.
Il titolo di questo post è infatti riferito a Lui ed è il titolo di una poesia del mistico persiano Rumi (ormai è nota la mia predilezione per le sue poesie, ne ho già messe altre nel blog)..
Eccone il testo:


Ho bisogno d'un amante che,
ogni qual volta si levi,
produca finimondi di fuoco
da ogni parte del mondo!
Voglio un cuore come inferno
che soffochi il fuoco dell'inferno
sconvolga duecento mari
e non rifugga dall'onde!
Un Amante che avvolga i cieli
come lini attorno alla mano
e appenda,come lampadario,
il Cero dell'Eternità,entri in
lotta come un leone,
valente come Leviathan,
non lasci nulla che se stesso,
e con se stesso anche combatta,
e, strappati con la sua luce i
settecento veli del cuore,
dal suo trono eccelso scenda
il grido di richiamo sul mondo;
e,quando,dal settimo mare si volgerà
ai monti Qàf misteriosi da
quell'oceano lontano spanda
perle in seno alla polvere!

martedì 25 marzo 2008

La Pasqua è passata


La Pasqua è passata (con un clima"natalizio"!) e ha portato una spruzzata di neve sulle nostre colline e sulle cinque terre ed ha creato alcuni problemini ai miei amici coniglietti!

P.S. dopo un post sulla Pasqua più impegnato che invitava alla riflessione ho inserito questa vignetta che non vuole comunque togliere niente al vero valore e significato di questa ricorrenza.

giovedì 20 marzo 2008

Buona Pasqua


per questo post ho scelto l'immagine della Sindone; siamo nel vivo della Settimana Santa, il momento più importante per i cristiani. Questa settimana culminerà, nella notte di sabato con l'annuncio della resurrezione. Resurrezione che passa attraverso questa immagine, simbolo delle sofferenze del Maestro, del suo amore per noi ma soprattutto simbolo di speranza e di redenzione.
Ogni volta che mi soffermo a guardarla, quest'immagine mi appare sempre più misteriosa.
Nel mistero della Pasqua e nel mistero della Sindone voglio augurarvi buona Pasqua e voglio farlo con le parole che mi sono state inviate da un'amica.
Il messaggio racchiuso in queste parole è che la Pasqua è e sarà sempre un'occasione dove l'amore, la pace e la serenità si uniscono in nome del Maestro.

Gesù risorge anche oggi.

Credevo che avessero ucciso Gesù,

e oggi l’ho visto dare un bacio a un lebbroso.


Credevo che avessero cancellato il suo nome
,
e oggi l’ho sentito sulle labbra di un bambino.


Credevo che avessero crocefisso le sue mani pietose,

e oggi l’ho visto medicare una ferita.

Credevo che avessero trafitto i suoi piedi,

e oggi l’ho visto camminare sulle strade dei poveri.


Credevo che l’avessero ammazzato una seconda volta con le bombe,

e oggi l’ho sentito parlare di pace.


Credevo che avessero soffocato la sua voce fraterna,

e oggi l’ho sentito dire: “Perché, fratello?” a uno che picchiava.


Credevo che Gesù fosse morto nel cuore degli uomini e seppellito nella dimenticanza, ma ho capito che Gesù risorge anche oggi ogni volta che un uomo ha pietà di un altro uomo.
( L. Cammaroto)

martedì 18 marzo 2008

Touch the sky


Un interessante pensiero di Claudio, il nostro direttore artistico, sulla settimana santa che stiamo vivendo e su un progetto che stiamo portando avanti con l'Arts Academy Choir.

All’avvicinarsi della Settimana Santa ho sentito il bisogno di scrivere un mio pensiero meditativo sul Vangelo di quest’ultima domenica di Quaresima “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra”.

È la grandezza e modernità del messaggio evangelico, che mostra l’atteggiamento di Gesù davanti al peccato e al peccatore: distrugge il peccato, ma salva il peccatore.
Nessuno di noi ha licenza di condannare nessuno, per una ragione molto semplice: siamo tutti peccatori; nessuno di noi può lanciare la pietra di condanna.

Egli si è fatto solidale con tutti gli uomini ed ora tocca a noi essere solidali con Lui. Forse nel mondo di oggi dobbiamo imparare ad approfondire il significato concreto del “prendere la Croce di Cristo”.
Preferir soffrire ingiustamente piuttosto che collaborare con l’ingiustizia; condividere solidalmente la sofferenza dei bisognosi; accettare le conseguenze dolorose di una ferma difesa della giustizia, della verità e della libertà; perché difendere...

"Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: Costui riceve i peccatori e mangia con loro".
Quello che Gesù condanna è di stabilire per conto proprio, qual è la vera giustizia e disprezzare gli altri, negando loro perfino la possibilità di cambiare.
È significativo il modo in cui Luca introduce la parabola del fariseo e del pubblicano: "Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri" (Lc 18,9). Gesù era più severo verso coloro che, sprezzanti, condannavano i peccatori, che verso i peccatori stessi.

Tenevo a questi pochi passi del Vangelo per spiegare e rendere partecipe chiunque di voi legga questo scritto, il progetto relazionato e l’esperienza di vita che ho iniziato qualche settimana fa.
S’intitola “TOUCH THE SKY” ed è un progetto musicale a favore dei detenuti ospiti della “Casa circondariale della Spezia”.
Con il presente progetto, io in prima persona e l’ “Arts Academy Choir” in ossequio ai principi che hanno ispirato la sua formazione, grazie alla musica, al significato vero e profondo che trasmette, cerchiamo e tentiamo di perseguire il miglioramento della vita sociale e culturale di categorie di individui più emarginati e forse dimenticati dalla società.
Grazie al valore universale del linguaggio musicale, la realizzazione del presente progetto sarà un’esperienza di grande valore umano e sociale, un’occasione non solo di svago e di serenità ma di arricchimento, un bagaglio di esperienza utile per un proficuo re-inserimento sociale delle persone, che oggi vivono situazioni di emarginazione e isolamento.
Il progetto sarà attuato dall’Associazione no profit “Arts Academy Choir” in partenariato con la struttura detentiva “Casa Circondariale della Spezia”, con il supporto dei servizi sociali e gli educatori. operanti all’interno della struttura medesima; verrà svolto continuativamente per la durata di 8 / 10 mesi e darà vita alla creazione di progetto articolato in più fasi da svolgersi a lungo termine.
Il progetto in più fasi: comprende:
  • la formazione di un gruppo di cantori composto dai detenuti della “Casa circondariale della Spezia”;
  • una serie di lezioni – seminario da svolgere in collaborazione con gli assistenti sociali ed educatori che operano all’interno della struttura detentiva, in cui si affronterà la lettura, la storia e l’evoluzione della musica dallo spiritual al gospel fino ai nostri giorni, nonché l’approfondimento dei testi e del loro significato;
  • lezioni di musica corale, durante le quali verrà dato ampio spazio alla cura e l’impostazione vocale, allo studio della tecnica musicale afro-americana e dell’apprendimento dell’arte scenica e dei suoi movimenti, da svolgersi anche con l’intervento di personale docente specializzato a seconda delle tematiche affrontate;
  • una serie di prove con il gruppo corale dei detenuti, svolte insieme ai miei coristi dell’Arts Academy, supportate dall’accompagnamento strumentale della sua band “Jazz Academy” composta da: tromba, basso, batteria tastiera e hammond.
Le lezioni, oltre all’apprendimento dei testi, potranno prevedere momenti di question-time e di interscambio multidisciplinare.
Questa fase progettuale ha lo scopo di preparare un vasto repertorio musicale, che va dagli antichi spiritual cantati “a cappella” senza accompagnamento musicale, fino agli arrangiamenti musicali del gospel moderno e delle sue influenze jazz.
Il progetto potrà concludersi con un concerto finale del gruppo corale dei detenuti eseguito in un teatro, supportato dal Coro dell’Arts Academy e con la partecipazione straordinaria di un’ospite di eccezione.

E’ indubbio che il progetto così come svolto, getterà le base per una formazione di un gruppo corale stabile formato da detenuti, che con la sua presenza, potrà affiancare in diverse occasioni l’Arts Academy Choir nei concerti o durante le registrazioni in sala incisione.
Credo sia doveroso ringraziare i miei coristi per il pieno appoggio solidale a tale iniziativa e per la sensibilità che mi hanno dimostrato; l’aver compreso all’unanimità che il periodo di detenzione non deve essere visto e giudicato come un periodo dove chi ha commesso dei crimini debba essere rinchiuso, abbandonato a se stesso e dimenticato dalla società, ma reso partecipe della sua pena per cercare, tentare e trovare la via giusta della redenzione.
E’ giusto che il detenuto debba scontare per intero la sua pena, senza sconti o favoritismi, ma deve trovare nella detenzione una nuova fonte di redenzione e salvezza senza sentirsi un individuo finito.
C’è bisogno di leggi precise, ferme, di una giustizia veloce e senza sconti. Ma le pene detentive devono tendere al reinserimento sociale dei detenuti, devono lasciare loro una speranza che durante e dopo il carcere esista ancora qualcosa; qualcosa che non sia soltanto scontare una pena.
Mi preme inoltre ringraziare i musicisti della “Jazz Academy” che, nonostante i loro numerosi impegni, mi hanno sin da subito dimostrato grande entusiasmo per l’iniziativa, confermandomi la loro incondizionata disponibilità.

E’ doveroso un particolare ringraziamento alla Direttrice della Casa Circondariale della Spezia Dott.ssa Biggi Cristina e all’educatrice della struttura Dott.ssa Licia Vanni, che hanno accolto l’idea progettuale con grande entusiasmo, rendendosi disponibili alla realizzazione del progetto “Touch the sky”, comprendendone a fondo l’utilità sociale.
Inoltre, un particolare ringraziamento va alla Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia, che con grande sensibilità e attenzione, contribuisce alla realizzazione di progetti e iniziative filantropiche, di assistenza e beneficenza a favore delle categorie sociali più deboli, tramite l’appoggio ad associazioni ed enti che senza finalità di lucro, svolgono opera meritoria nella promozione e nello sviluppo della comunità locale.

Il mio scopo e quello dell’Arts Academy non è quello di avere la presunzione di essere dei “salvatori di anime” ma è solo quello di tentare di far comprendere ai detenuti, che tramite la musica o qualsiasi altra forma d’arte, può esistere una via di salvezza per uscire dal tunnel dell’emarginazione e ritrovare il sorriso, toccando il cielo liberi non solo fuori ma anche dentro di sé.